Salvini ha riaffermato il legame con Orban per inseguire il suo sogno di una sorta di internazionale populista da mettere in campo con la benedizione dell’americano Bannon.
Il voto del parlamento europeo sulle riforme costituzionali adottate dal premier ungherese Victor Orban segna uno degli snodi decisivi di questa legislatura europea e probabilmente di tutto il passato recente dell’Unione. Un punto di non ritorno. Un coraggioso punto di non ritorno, contro la spinta ungherese a far deragliare l’Unione minandone i valori fondanti e anche contro tutti i calcoli di bassa politica che sia Orban sia i suoi sodali europei hanno cercato di mettere in campo. Col voto dell’aula di Strasburgo l’Europa ha battuto un colpo: l’Europa c’è, avrà pure mille difetti, avrà bisogno di un poderoso restyling, ma c’è.
Il parlamento di cui faccio parte era stato chiamato a sanzionare uno stato membro in seguito a una serie di accuse molto gravi che riguardavano e riguardano la compressione di fondamentali principi democratici come la libertà di stampa, l’indipendenza della magistratura, la libertà di insegnamento, i diritti sociali dei lavoratori, il diritto di sciopero, i diritti individuali di libertà e in ultimo, ma non è la parte principale, i diritti dei richiedenti asilo. Tutti principi che hanno ispirato i valori fondanti dell’Unione europea, liberamente adottati e sottoscritti dagli stati membri, e che tutti gli stati si sono impegnati a rispettare.
Il voto su Orban è stato strumentalizzato politicamente dalle destre, in particolare da Salvini e da Forza Italia. Sono infatti convinta che nessuno dei due ha letto una riga della relazione Sargentini che elencava il cahier de doleance per cui il premier Ungherese è finito sotto accusa. Berlusconi, riferiscono i giornali, ha fatto votare per Orban in virtù si una sua vantata amicizia con il politico magiaro. Motivazione surreale, come se in politica si prendessero decisioni così rilevanti per “amicizia”. Salvini ha riaffermato il legame con Orban, per le verità mai nascosto anzi addirittura sbandierato con un annunciatissimo e pubblicizzatissimo incontro a Milano, per inseguire il suo sogno di una sorta di internazionale populista da mettere in campo con la benedizione (e i soldi? e l’appoggio logistico-organizzativo?) dell’americano Bannon.
La realtà è che al di là dei calcoli se fosse meglio inglobare la spinta populista per neutralizzarla oppure respingerla per isolarla, il parlamento europeo ha voluto affermare il principio che se “si sta in un club si osservano le regola del club”, come ha sottolineato più di un collega intervenuto nel dibattito in Aula. Certo alcune delle motivazioni utilizzate per la difesa di Orban, in particolare quelle di chi puntava il dito contro altri stati in qualche modo sotto osservazione (penso a Malta o alla Romania) avevano un loro appeal.
Perché anche a Malta non tutto fila liscio, e basta vedere la fine che hanno fatto alcuni giornalisti scomodi. Ma un conto episodi pur gravi di cronaca, altro riforme liberticide approvate e messe in costituzione. La vicenda migranti è solo un aspetto della questione, che strumentalmente Orban e Salvini hanno voluto invece far combaciare con il tutto.
Il motto dell’Europa è “Uniti nella diversità”, e guai se non tenessimo conto non solo delle nostre diversità ma anche del diritto di ogni nazione di determinare le proprie politiche interne, a cominciare da quella sull’immigrazione. Ma il quadro di riferimento dei valori comuni deve restare lo stesso. Quello che peraltro l’Ungheria ha scelto. Altrimenti si onestamente si saluta la compagnia, come ha fatto il Regno Unito, e si mette in costituzione ciò che si vuole. Si saluta l’Europa e i miliardi dei fondi europei di cui l’Ungheria gode e ha goduto a profusione.